Visto il
farneticante articolo di Pierluigi Battista sul Corriere,
giova forse ricordare che le cose non stanno come lì si scrive e che
sarebbe il caso di informarsi prima di aprire bocca o scrivere bugie
– e lo dico da persona che ritiene estremamente discutibile la
presenza dell'insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole, a
maggior ragione quando i docenti che la insegnano sono pagati dallo
Stato ma selezionati dalla CEI con criteri autonomi un filino
discutibili (un insegnante di
religione rischia di perdere la cattedra se divorzia o se è apertamente
omosessuale – ed è un dipendente statale!).
Le
cose, a scuola funzionano così: per ogni anno del triennio superiore
ogni alunno promosso alla classe successiva riceve dei 'crediti' che
vengono calcolati a seconda della media di tutte le materie, condotta
compresa. Il 'giudizio' di religione non
contribuisce a formare questa media, né potrebbe contribuirvi, visto
che è espresso con dizioni come 'sufficiente', 'ottimo' etc. che non
possono essere comparate a voti quali '7' o '9'. E quindi il titolo
dell'articolo 'La
religione a scuola fa media'
è privo di senso.
La
legge stabilisce una chiara corrispondenza fra la media così
calcolata (senza dunque tenere conto della religione, come detto) ed
il punteggio di credito; chi, ad esempio, ha al primo anno di
triennio una media del 6,3 ha diritto a 4
o 5
punti di credito. Chi decide se attribuire 4 o 5 punti? Il Consiglio
di classe,
tenendo conto di parametri come l'impegno, la presenza, la
partecipazione al dialogo educativo etc. Fra questi parametri, non
esiste
l'avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica.
La
precedente sentenza del TAR del Lazio aveva escluso la partecipazione del
docente di religione dalla discussione per l'attribuzione del credito
per gli alunni che si avvalgono di tale insegnamento, il Consiglio di
Stato ha riammesso detta partecipazione del docente
In
pratica, se l'alunno X non
si
avvale dell'insegnamento della religione cattolica, sono solo gli
altri docenti (nel mio I, ad esempio, siamo in 7) che decidono
all'interno della
fascia di punti legata alla media
quanti crediti attribuire (4 o 5, nel nostro esempio). Se l'alunno Y si avvale, invece,
dell'insegnamento della religione cattolica a decidere il punteggio
di credito (legato sempre alla media, che
non comprende la religione cattolica)
siamo in 8 (cito:
Del
resto, chi segue l’insegnamento della religione (o di altro corso
alternativo) non avrà per ciò solo automaticamente un punteggio
aggiuntivo in sede di credito scolastico, ma si terrà conto, ai fini
dell’attribuzione del punteggio che valuta la sua carriera
scolastica, anche del giudizio espresso dall’insegnante di
religione o di altro insegnamento sostitutivo).
E' la stessa cosa che succede se si vota per la non ammissione di un
alunno alla classe successiva: si vota in 8 (più preside, in caso di
parità) se il fanciullo fa religione, in 7 se il fanciullo non fa
religione. Ma questo era già così.
C'è
dunque un vantaggio intrinseco nell'avvalersi dell'ora di religione?
In un certo senso sì, in quanto chi se ne avvale ha una voce in più
sia nell'attribuzione del credito scolastico sia nella votazione per
la non ammissione alla classe successiva (e questo secondo punto, non
toccato dalle sentenze in discussione, mi sembra più significativo
della scelta se dare 4 o 5 crediti), voce che, nell'immaginario, è
sempre favorevole allo studente.
Ma prima di aprire un dibattito,
sarebbe il caso che i giornali spiegassero esattamente come stanno le
cose, no?